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Juergen Ernst HassJurgen Haas, 56enne pensionato tedesco, la considera, oltre che un atto di altruismo anche la “sua personale vendetta contro lo Stato“. L’uomo, che attualmente vive in Paraguay, ha fatto parte del partito liberale FDP come politico locale e nel 1987 è stato condannato a tre anni di prigione per frode. Haas si è sempre dichiarato innocente, definendo ingiusta la sua detenzione e sottolineando di essere “stato trattato come un cane” per tutta la durata della pena. Il pensionato tedesco, sfruttando un buco legislativo, ha già adottato trecento bambini di sette nazioni differenti e ora pensa di estendere il numero di figli fino ad arrivare a mille. Per la legge tedesca perché un uomo possa diventare il padre legale di un bambino è sufficiente il permesso della madre naturale e la totale assenza di un padre. Ma non sono solo i desideri di vendetta a spingere Jurgen Haas verso le adozioni; infatti negli intenti dell’uomo ha un posto di primo piano quello di consentire a bambini di famiglie poverissime di vivere una vita migliore. I piccoli già adottati provengono da Paraguay, Romania, Ungheria, Moldova, Russia, Ucraina e India. Una volta che i bambini diventano, grazie all’adozione, cittadini tedeschi ottengono il passaporto e l’accesso ai servizi di assistenza sociale e alla scuola mentre alle loro madri viene concessa l’opportunità di richiedere un permesso di soggiorno in Germania per motivi familiari e un aiuto economico da parte dell’assistenza sociale. Secondo le stime fino ad oggi Jurgen Haas è costato allo Stato tedesco poco più di 480 mila euro. Se manterrà il suo proposito supererà ampiamente il milione di euro.



Nel settembre scorso era comparso a Berlino, raccontando di avere trascorso gli ultimi cinque anni della sua vita nei boschi in compagnia del padre, dopo avere perso la madre in un incidente stradale. Il giovane parlava inglese senza un particolare accento e non ricordava nè il proprio cognome nè la sua provenienza. Nei giorni scorsi la polizia berlinese ha pubblicato alcune sue foto e in poche ore quello che sembrava un’enigma si è rivelato una bufala. Il ragazzo era scomparso dalla cittadina di Hengelo, in Olanda, nello scorso settembre ma, essendo maggiorenne, la polizia non aveva dato seguito alle indagini.



Un sessantacinquenne tedesco, per suo volere rimasto anonimo, ha clamorosamente smentito il luogo comune che descrive l’amministrazione pubblica tedesca (generalmente in contrapposizione a quella italiana) come produttiva, laboriosa e contraria agli sprechi. L’uomo infatti ha deciso di celebrare il giorno del proprio pensionamento, inviando un’e-mail di addio a tutti i suoi cinquecento colleghi di ufficio: “Dal 1998 sono sempre stato presente, ma non ero veramente qui. Così ritengo di essermi preparato bene per la pensione – ha scritto l’anonimo ex-lavoratore – Adieu”. Nella stessa lettera l’atipico cittadino tedesco ha sottolineato di avere guadagnato 745 mila euro in quattordici anni “per non fare assolutamente niente”. L’uomo, pensionato nell’ambito di tagli al personale comunale della città di Menden (nella Renania – Westfalia del nord), si è apertamente scagliato contro i suoi superiori e la loro capacità di gestire il denaro pubblico, accusandoli di creare strutture inefficienti, sovrapposte e parallele, e di avere costantemente impiegato anche un altro ingegnere topografico per fare il suo stesso lavoro, lasciandolo senza niente da fare. Dopo avere candidamente ammesso di “avere anche beneficiato di tutta quella libertà” è tornato all’attacco, criticando nuovamente le autorità cittadine per il sistematico acquisto di computer e software “inutilizzabili”. A chi ha provato a chiedergli chiarimenti a proposito del contenuto dell’e-mail, il neo-pensionato ha risposto: ” Non voglio dire niente. Non ho scritto quella lettera pensando che sarebbe stata resa pubblica”. Il sindaco di Menden, Volker Fleige, si è detto “molto adirato” per le dichiarazioni dell’ex dipendente aggiungendo che dal 1974, data di assunzione dell’ingegnere, questo non si era mai lamentato di non avere nulla da fare. In ogni caso non ci saranno azioni legali da parte dell’amministrazione cittadina ma, a causa dei necessari tagli al bilancio comunale, il pensionamento dell’anonimo signore tedesco è definitivo.



Così è stata ribattezzata la cittadina tedesca di Wewelsfleth nella regione dello Schleswig-Holstein a causa della spaventosa incidenza del cancro tra i suoi abitanti. Tra i 1500 residenti di Wewelsfleth il tasso di tumori è del cinquanta per cento superiore alla media nazionale. I cittadini chiedono alle autorità di scoprire le cause dell’anormale diffusione di patologie tumorali, sottolineando la presenza di tre centrali nucleari in un raggio di pochi chilometri dal “Villaggio dei dannati”. Un recente studio dell’Università di Lubecca pur prendendo in considerazione tutte le caratteristiche ambientali e della popolazione di Wewelsfleth (incluse l’abitudine al fumo, le centrali nucleari e un cantiere nelle vicinanze che usa vernici altamente tossiche) non ha trovato indizi sufficienti per risolvere l’inquietante “epidemia” di cancro che colpisce gli abitanti della cittadina tedesca alla foce dell’Elba.

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Gli scienziati del Berlin Institute of Technology hanno sperimentato un sistema di lettura del pensiero che collegando dei sensori al cervello dell’autista permetterebbe di intuire il momento in cui la testa dà il comando per la frenata e svolgerebbe l’incarico prima dell’autista stesso, permettendogli di risparmiare preziosi millisecondi di tempo per evitare lo schianto.

Felix, il ragazzo degli alberi



A nove anni, a Felix Finkbeiner venne l’idea di piantare un milione di alberi. Tutto nacque da un progetto scolastico che verteva sui cambiamenti climatici. Il piccolo Felix decise di spendere un weekend per documentarsi online sull’argomento e fu per questa ragione che si imbatté nella storia che gli avrebbe cambiato la vita: quella di Wangari Maathai. L’ambientalista, attivista e biologa keniota fondatrice nel 1977 del progetto Green Belt Movement (un organizzazione no-profit che, nel tentativo di contrastare l’erosione del suolo, ha piantato a tutt’oggi 45 milioni di alberi in Kenia) premiata nel 2004 con il Nobel per la Pace per “il suo contributo alle cause dello sviluppo sostenibile, della democrazia e della pace”. Leggendo la storia di Maathai, Felix si rese conto che “lei aveva ottenuto così tanto con così poco” e questo fece nascere in lui l’idea che anche i bambini avrebbero potuto fare qualcosa per l’ambiente. Il piccolo ecologista presentò la sua ricerca alla Scuola Internazionale di Monaco e dopo la prima esposizione delle sue idee gli venne ripetutamente chiesto di tenere il suo discorso anche davanti alle altre classi. In breve l’idea di piantare un milione di alberi in tutta la Germania si diffuse assumendo sempre più i connotati dell’evento. Il 28 marzo 2007, a soli due mesi di distanza dalla sua orazione ambientalista, il bambino piantò il suo primo albero (un melo selvatico) e presto le fila di coloro che volevano cooperare al progetto Plant for the Planet andarono ingrossandosi sempre più. Tanto che a un certo punto Felix si rese conto di avere bisogno di aiuto per gestire la mole di lavoro e, cosa piuttosto inusuale per un bambino di nove anni, chiese un finanziamento di 40 mila euro a Toyota Germania al fine di assumere un collaboratore. La casa automobilistica concesse il denaro e quando Felix tenne il suo discorso alla riunione annuale dei venditori di Toyota Germania raccolse altri 11 mila euro di donazioni. Nell’aprile del 2008, all’età di dieci anni l’audace ragazzino tedesco convocò una conferenza stampa per annunciare che erano già stati piantati cinquantamila alberi. Il padre del bambino, Frithjof, lo invitò “a non essere troppo deluso se non si fosse presentato nessuno”. Ma non andò così, la conferenza si tenne e i giornalisti presenti diffusero la notizia attraverso la nazione, rendendo Plant for the Planet sempre più conosciuto. Da allora Felix ha tenuto conferenze in tutto il mondo. Nel 2008 presenziò alla UN Children’s Conference in Norvegia dove venne eletto membro del junior board del progetto UN Environment Programme. Lo scorso anno è stato una delle star che hanno preso parte alla conferenza sul clima di Cancun. Nel frattempo Plant for the Planet si è diffusa in 131 nazioni (Italia inclusa) e Felix viene considerato uno dei venti attivisti ambientali più influenti del mondo, al pari di Brad Pitt e Carlo d’Inghilterra. Il tredicenne tedesco ha annunciato qualche mese fa di avere raggiunto il milione di alberi piantati in patria, ha scritto un libro (Baum fur Baum: albero ad albero) e continua a portare in giro per il mondo la sua teoria di usare le piante per combattere i cambiamenti climatici. Una campagna promozionale di Plant for the Planet (ha come motto Stop Talking & Start Planting) ha visto il lavoro congiunto, e gratuito, di fotografi famosi che hanno immortalato testimonial come Alberto di Monaco, il presidente dell’Ecuador, Rafael Correa, ma anche star dell’entertainment come Harrison Ford e Gisele Bundchen. L’unica e sola teoria che sta alla base della dottrina di Plant for the Planet è che sulla Terra si produce troppa anidride carbonica e che le piante sono in grado di catturarla. Molto semplice, Felix non è uno scienziato e se si esclude la questione climatica ha i pensieri e i comportamenti della maggior parte dei suoi coetanei (la madre, Caroline, minaccia di interrompere la carriera di attivista del figlio se il suo rendimento scolastico non continuerà a essere soddisfacente). Parlando degli scettici sulla questione ambientale davanti ai delegati delle Nazioni Unite il baby attivista ha detto: “Noi bambini ne parliamo spesso. Se diamo retta a coloro che dicono che esiste il problema e lo affrontiamo, magari tra vent’anni ci accorgeremo che avevano torto a lanciare l’allarme ma nel frattempo non avremmo fatto errori. Se invece ci lasciamo convincere dagli scettici e non facciamo niente, magari tra vent’anni ci renderemo conto che erano loro a sbagliarsi. E a quel punto sarebbe troppo tardi per pensare al nostro futuro”. Nel Felix-pensiero gli adulti vengono paragonati a delle scimmie “se offri a una scimmia la possibilità di scegliere tra una banana subito o sei più tardi, sceglierà sempre la banana che può avere subito. Noi bambini abbiamo capito che non ci possiamo affidare solo agli adulti per salvare il nostro futuro. Dobbiamo prenderlo nelle nostre mani”. “Per la maggior parte degli adulti – spiega Felix Finkbeiner -futuro significa venti, trenta al massimo quarant’anni. Ma noi bambini potremmo essere ancora qui nel 2100. Per i grandi è una questione accademica se il livello del mare aumenterà di tre centimetri o di sette metri alla fine di questo secolo. Ma per noi bambini è una questione di sopravvivenza”. Sul sito di Plant for the Planet si possono vedere sia gli obiettivi dell’organizzazione (131 milioni di alberi, uno per ogni nazione coinvolta) che i risultati raggiunti e, donando un solo euro, si può regalare un albero.



Messa così nessuno avrebbe voglia di partecipare, nè tanto meno di vincere. Ma la realtà è che una stazione radio locale tedesca, Radio Galaxy di Aschaffenburg nella Baviera settentrionale, ha indetto una competizione tra i suoi ascoltatori nel corso della quale i concorrenti dovranno scrivere e inviare il proprio epitaffio alla radio. Il vincitore, che verrà nominato il 17 marzo prossimo, avrà diritto a un premio di tremila euro, somma che non verrà intascata ma gli sarà versata sottoforma di un’assicurazione in grado di coprire interamente le spese delle onoranze funebri del “fortunato” concorrente. Al momento, gli ascoltatori di Radio Galaxy che hanno aderito alla singolare competizione sono circa seicento. Con un comunicato, pubblicato sul proprio sito, l’Associazione degli Impresari Funebri tedesca ha criticato il concorso definendolo “sacrilego e di cattivo gusto ma anche immorale poiché costituisce una concorrenza sleale”. Uno dei conduttori di Radio Galaxy, Jens Pflueger, ha difeso l’iniziativa sottolineando come l’intenzione fosse quella di “spezzare il tabù sociale e lasciare che siano i giovani a parlare della morte”. Per chi volesse partecipare, o anche solo per chi è incuriosito dall’argomento, esiste una vera e propria letteratura delle ultime parole pronunciate sul letto di morte da parte di personaggi famosi. Marco Polo, per esempio, spirò dicendo: “Non ho raccontato neanche la metà di quello che ho visto” mentre Oscar Wilde concluse la propria esistenza (in una squallida stanza di un hotel parigino) esclamando: “Io e la carta da parati stiamo combattendo un duello all’ultimo sangue. Uno di noi due se ne dovrà andare”. Kurt Cobain, leader dei Nirvana, poco prima di suicidarsi scrisse in un biglietto, citando Neil Young: “Ricordate: è meglio bruciare che svanire lentamente” e, infine, viene attribuita ad Alessandro Magno la frase: “Muoio grazie all’aiuto di troppi medici”.



Heidi, l’opossum strabica dello zoo tedesco di Leipzig, tenta di riempire il vuoto lasciato dal polpo Paul, il cefalopode indovino che nel corso dei campionati mondiali di calcio svoltisi l’estate scorsa in Sudafrica indovinò tutti i risultati delle partite della nazionale tedesca e della finale valevole per il titolo. Heidi è comparsa al Jimmy Kimmel Live, uno show televisivo americano, dove le sono state mostrate le foto delle principali candidate all’Oscar 2011 (Nicole Kidman, Jennifer Lawrence e Natalie Portman, Annette Benning e Michelle Williams), opportunamente ritoccate, con indubbio cattivo gusto, per simulare lo strabismo. Le immagini sono state montate su delle statuette uguali a quelle consegnate nella cerimonia degli Oscar e dopo un attento esame, Heidi ha scelto Natalie Portman. In realtà dopo essere apparsa piuttosto disinteressata la bestiola sembrerebbe avere scelto la Portman (realmente accreditata del favore del pronostico) soltanto perchè qualcuno ha messo del cibo vicino alla statuetta raffigurante l’interprete di Black Swan. Ma perchè la tv e i media non lasciano in pace almeno gli animali?<



Il prototipo sviluppato dagli ingegneri della Freie Universität di Berlino è’ soltanto un passo indietro rispetto agli avveniristici progetti di DARPA e Google (mettere a punto delle auto in grado di guidarsi da sole). Gli scienziati tedeschi, guidati da Raul Rojas, sono riusciti a produrre un modello di Volkswagen Passat semi-autonoma che, in alcune sue funzioni, può essere controllata dai guidatori attraverso il semplice pensiero. L’auto, battezzata dai suoi creatori (con poca fantasia) MadeInGermany, è dotata di un sistema di radar (laser e a microonde) e di videocamere stereo che le consentono di avere una visione a 360 gradi e di rilevare la presenza di un altro veicolo già a 200 metri di distanza. Ma la vera innovazione è il controllo “mentale” in grado di fare sterzare l’auto ed eventualmente cambiare direzione: per metterlo alla prova il team di ingegneri ha assoldato un volontario al quale è stato fatta indossare una cuffia, prodotta in serie, che contiene 16 sensori elettro-encefalografici. Questo sistema, creato dalla Emotiv di San Francisco, costa 300 dollari e viene venduto con un kit di sviluppo software che consente agli utenti di allenarlo a riconoscere le loro specifiche indicazioni mentali. Attualmente trovano un’applicazione pratica nel consentire il movimento di arti bionici, nel permettere ai paraplegici di guidare le loro sedie a rotelle e persino di gestire un iPad. I test sulla macchina si sono svolti nell’aereoporto abbandonato di Berlino-Templehof e sul sito dedicato all’evento si può leggere il commento espresso dai ricercatori dell’università tedesca: “Le nostre prove hanno dimostrato che c’è soltanto un breve ritardo tra il comando e la sua esecuzione. Questa vettura è soltanto un esperimento e non è certo fatta per andare sulle strade. Ma per il futuro crediamo che l’interfaccia uomo/macchina abbia un enorme potenziale soprattuto se combinato con vetture che si guidano autonomamente”.

L’altra Ruby



Per carità, niente storie piccanti di festini e trasgressioni perchè la Ruby in questione era una cagnolina ritrovata verso la fine del 1993, nella Germania appena riunificata, da Norbert Korzdorfer, giornalista del popolare tabloid tedesco Bild. Korzdorfer presentò la cucciola di Jack Russell terrier ai lettori nel giorno di Capodanno del 1994 e da allora quasi ogni sabato ha raccontato in una rubrica intitolata Mein Hund und ich (Il mio cane e io) la sua vita, i suoi comportamenti e soprattutto il rapporto che li legava. Sulla cagnolina sono stati scritti cinque libri ed è stata una star mediatica tedesca per diciassette anni, regalando notorietà al suo affezionato proprietario. Nei giorni scorsi Korzdorfer si trovava negli Stati uniti per lavoro, lì lo ha raggiunto una telefonata della moglie che lo avvertiva delle pessime condizioni di salute nelle quali versava la diciassettenne Ruby. “Le immagini della felicità sono passate davanti ai miei occhi colmi di lacrime. Diciassette anni di gioia, fedeltà, risate e amicizia – ha scritto sul Bild Korzdorfer- ma Ruby è demente e vive nel mondo delle ombre. E’ come un bambino ingrigito che a mezzanotte brancola e barcolla in casa, fissa la parete. Se poi cade, non riesce più a tirarsi su dal parquet scivoloso. E’ un’ombra che si muove nell’ombra. Ruby non vede quasi più niente, è sorda, ma odora, ha sensazioni e avverte la mia presenza. Di notte ulula dal dolore”. Oggi è stata praticata a Ruby un’iniezione che ha messo fine a tutte le sue sofferenze ma non alla tenera storia d’amore che l’ha legata al suo padrone e ai suoi affezionati lettori. Ce ne fossero di Ruby così…