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Hyomyung Shin
Di primo acchito sembrerebbe che questo giovane coreano abbia avuto in dono uno dei più ambiti benefici ai quali si possa aspirare: non invecchiare, non crescere e insomma diventare Peter Pan. Ma com’è realmente la vita di Hyomyung Shin, ventiseienne coreano affetto da una rara malattia che la medicina ufficiale non riconosce e che prende il nome di sindrome dell’Highlander? In un recente documentario trasmesso dalla tv sud-coreana, il giovane ha parlato di sé e della difficoltà che incontra nella vita di tutti i giorni. Al proprio interno Hyomyung Shin è un giovane uomo ma dal di fuori colpiscono soprattutto la sua statura (163 cm.), la sua pelle liscia e senza peli e le sue paffute guance. Il Peter Pan coreano ha inoltre raccontato di come sia spesso costretto a esibire documenti di identità perché nessuno, soprattutto tra gli addetti all’ingresso di discoteche e night club che il giovane ama frequentare, gli crede quando dichiara la propria età. Ha mostrato alcune sue fotografie da piccolo, evidenziando come fino a un certo punto il suo sviluppo fosse assolutamente normale. Ma prima di entrare nella pubertà tutto si è fermato e nessuno sa dare una convincente spiegazione dell’accaduto. Nel corso del programma televisivo ha mostrato, indossando un bambinesco pigiama con i cuoricini, la sua camera da letto; dietro alla porta ha appeso un poster raffigurante Scarlet Johansson in posa da pin-up e si è detto speranzoso, se non proprio di incontrare la famosa attrice, di riuscire un giorno ad avere un appuntamento con una bella ragazza. Durante la trasmissione Hyomyung Shin si è sottoposto a un intervento di chirurgia plastica per tentare di invecchiare il proprio volto, ma i risultati non sono stati soddisfacenti e il suo viso è rimasto liscio e imberbe. Inoltre, sempre nel documentario, è possibile vederlo raggiungere una ragazza in un bar per un appuntamento: La giovane rimane sbigottita dal fatto di avere atteso un suo coetaneo e di essersi invece trovata davanti un bambino. I medici pur non riuscendo a spiegare le cause della mancata crescita del ventiseienne, lo hanno rassicurato sulle sue condizioni di salute generali che sono ottime. Lunga vita a Peter Pan, anche se le difficoltà saranno molte.

Le voci di Mosul



Un video girato in diversi mesi da un corrispondente di BBC mostra come è cambiata Mosul dopo che i combattenti dell’Is hanno proclamato l’avvento del califfato. Gli abitanti vivono nel terrore delle punizioni brutalmente somministrate a chi viola la rigida interpretazione della legge islamica imposta dagli uomini del califfo. Moschee e templi fatti esplodere, scuole svuotate e donne costrette a indossare il niqab, senza lasciare esposte nemmeno le mani. Queste sono solo alcune delle conseguenze delle rigorose norme alle quali deve soggiacere la popolazione.
LE DONNE
Grazie alle testimonianze raccolte dal corrispondente della BBC è possibile ascoltare la voce delle persone che vivono a Mosul.
Hanaa: “L’Is è molto rigida sull’abbigliamento delle donne: dobbiamo essere coperte di nero dalla testa ai piedi. Un giorno ero così annoiata di stare chiusa in casa che ho chiesto a mio marito di portarmi fuori, anche se avrei dovuto indossare il khimar (una sorta di lungo mantello che pur coprendo tutto il corpo lascia scoperto il viso. Non ero più uscita di casa dopo che l’Is aveva preso la città. Mentre mi stavo preparando, mio marito che ero costretta a indossare il niqab (il velo nero che copre il volto). Ero scioccata e ho anche pensato di non uscire, ma alla fine mi sono calmata e l’ho messo. Siamo andati in un ristorante sul fiume che eravamo soliti frequentare ai tempi del nostro fidanzamento. Appena ci siamo seduti mio marito mi ha detto che potevo mostrare il mio volto perché non c’era nessuno dell’Is e il ristorante era un luogo per famiglie. Sono stata molto contenta di quest’ordine e così ho mostrato il mio volto con un grande sorriso. Immediatamente è arrivato il proprietario del ristorante, implorando mio marito di ordinarmi di coprire di nuovo il mio volto. I combattenti dello Stato Islamico facevano ispezioni a sorpresa e se fossi stata vista l’uomo sarebbe stato frustato. Abbiamo sentito storie di uomini frustati perchè le loro mogli non indossavano i guanti. Ai genitori di una ragazza è stato vietato di guidare la propria automobile e chi si oppone viene picchiato e umiliato. Abbiamo accettato la richiesta del proprietario. Così ho incominciato a pensare quanto la situazione sia diventata permeata di ignoranza e di crudeltà. Quando abbiamo lasciato il ristorante, ho visto un padre che cercava sua figlia, celata da un mare nero di donne”.
PERSECUZIONE DELLE MINORANZE
Mariam (ginecologa e cristiana): “Chi mi conosce sa che sono un’avida lettrice e fiera proprietaria di una grande collezione di libri. La mia biblioteca ha continuato a crescere grazie ad amici e parenti che dopo aver lasciato l’Iraq mi spediscono i loro libri perché sanno che io non me ne andrò di qui e che ne avrò cura. In passato sono stata intimidita e minacciata da estremisti sunniti, ma ho continuato a fare partorire le donne di qualunque religione e ceto sociale.Non ho mai fatto discriminazioni poiché credo che ciascuno abbia diritto a pari trattamento. Comunque sono dovuta scappare da Mosul e ne sono uscita illesa, ma la mia anima è rimasta dove l’ho lasciata: a casa con i miei libri. Dopo essere andata a Irbil (nel Kurdistan iracheno) ho ricevuto notizie scioccanti: lo Stato Islamico aveva confiscato casa mia e l’aveva marchiata con la lettera N (Nasrani, cristiano). Ho immediatamente telefonato ad alcuni amici pregandoli di mettere in salvo i miei libri. Troppo tardi, poco dopo infatti mi hanno richiamato per dirmi che la mia libreria era stata svuotata per strada. Per fortuna alcuni miei vicini sono riusciti a salvare alcuni preziosi volumi che ora sono ben nascosti.
INTIMIDAZIONE, PUNIZIONE E TORTURA
Zaid: “Da quando l’Is ha preso la città è stata applicata la “Legge del Califfato” per la quale la punizione più lieve sono le frustate che vengono comminate anche solo per avere fumato una sigaretta. I ladri vengono puniti con l’amputazione della mano, gli uomini adulteri vengono lanciati dal tetto di un alto edificio mentre le donne vengono lapidate. Le punizioni sono pubbliche per intimidire la gente che spesso è costretta ad assistervi. Conosco molte persone che sono state arrestate dall’Is,
alcuni erano miei parenti. Qualcuno è stato ucciso, altri sono stati liberati e hanno raccontato inimmaginabili storie di atrocità vissute in prigione. Molti dei rilasciati preferiscono non parlare, stanno in silenzio perché sono terrorizzati dalla paura di venire nuovamente arrestati.
Fouad: “Sono stato arrestato dall’Is, sono venuti a casa mia perché cercavano mio fratello e non trovandolo hanno preso me. Mi hanno torturato e il tizio che lo faceva si fermava solo quando era troppo stanco per continuare. Era sempre nervosissimo e non ascoltava nemmeno ciò che dicevano i prigionieri. Mi ha frustato con un cavo elettrico e mi ha torturato anche psicologicamente. Quando mio fratello si è costituito, è venuto fuori che le accuse contro di lui erano false, ma io sono rimasto in prigione. Mi hanno picchiato così forte che ancora oggi i segni sono visibili sulla mia schiena”.
DISTRUZIONE DELLA VITA QUOTIDIANA
Hisham: “La vita quotidiana è cambiata in modo indescrivibile. Chi era un militare o un impiegato non ha più nessuna entrata perché non c’è più lavoro. I ricchi
possono contare sui loro risparmi, quelli con uno stipendio annaspano, ma i poveri sono stati lasciati alla pietà di Dio. Io ho perso il lavoro e sono stato costretto ad abbandonare gli studi. Mi sono stati negati i miei diritti più basilari. Secondo l’Is tutto è haram (vietato) e così sono finito a stare tutto il giorno a casa senza niente da fare. Persino attività come i picnic sono vietate a Mosul con il pretesto che comportano spreco di tempo e denaro. Is prende un quarto dello stipendio di chiunque, considerandolo un contributo per la ricostruzione della città. Non ci si può rifiutare, pena punizioni durissime. L’Is controlla tutto: gli affitti vengono pagati a loro e gli ospedali sono accessibili solo per chi vive all’ombra della bandiera nera. Hanno persino rimpiazzato gli imam delle moschee, sostituendoli con loro affiliati. Molti di noi hanno smesso di frequentare la moschea perché lì viene richiesto un giuramento di fedeltà che noi odiamo. Nel frattempo mio fratello è stato punito con venti frustate per non avere chiuso il suo negozio durante la preghiera. Come se si potesse imporre la religione con la forza”.
INDOTTRINAMENTO E SORVEGLIANZA
Mahmoud: “Mio fratello di dodici anni ha continuato ad andare a scuola nonostante fosse controllata dall’Is. Abbiamo pensato che, non essendoci alternative, avrebbe continuato ad avere un qualche tipo di istruzione e che questo sarebbe stato sempre meglio di niente. Ma un giorno sono tornato a casa e l’ho trovato che stava disegnando una bandiera dell’Is mentre cantava una delle loro canzoni. Mi sono infuriato e ho iniziato a sgridarlo, ho preso il disegno e l’ho fatto in mille pezzi davanti a lui. E’ scappato piangendo da nostra madre. L’ho avvertito che se avesse ancora disegnato quella bandiera o cantato quelle canzoni lo avrei picchiato, gli avrei proibito di vedere gli amici e non gli avrei più rivolto la parola. Lo abbiamo immediatamente tolto da quella scuola poiché abbiamo preferito non avesse alcuna istruzione piuttosto che quella promossa dall’Is. Sono giunto alla conclusione che l’obiettivo dell’organizzazione sia quello di piantare nelle menti dei bambini i semi della violenza, dell’odio e della discriminazione”.



E’ questa la conclusione alla quale sono giunti i ricercatori della Cornell University, sostenendo che se il colore degli alimenti e quello del piatto nel quale vengono serviti sono simili, le porzioni saranno più abbondanti del 20 per cento. Ma più della somiglianza piatto/cibo conta il contrasto tra i due elementi che rappresenterebbe un segnale di stop, ricordando alle persone di fare attenzione alle quantità di alimenti che si stanno servendo.



E’ questa la frequenza con la quale il crimine compare sul popolare social network. I dati raccolti nello scorso anno dalla polizia inglese e gallese raccontano di 12.300 presunti reati in qualche modo connessi a Fb: omicidi, stupri, pedofilia, aggressioni, rapimenti, minacce di morte, intimidazione di testimoni e frode hanno trovato terreno di coltura e di espressione nella rete sociale ideata da Mark Zuckerberg. La maggioranza dei casi è rappresentata dalle molestie e dalle intimidazioni da parte di cyber-bulli. In svariate occasioni le liti e i contrasti nati sul sito sono sfociati in episodi di violenza nel “mondo reale” e i pedofili utilizzano Facebook per adescare i bambini. Tra gli esempi dell’uso criminoso del social network il Daily Mail riporta il caso di una donna della contea inglese di Cleveland che dopo essere stata testimone di uno stupro venne dapprima contattata e in seguito aggredita dall’autore della violenza sessuale che temeva la sua testimonianza. L’adolescente Ashleigh Hall è stata assassinata dallo stupratore seriale Peter Chapman dopo essere stata adescata su Fb. Nel 2009 Il trentacinquenne Chapman, si era presentato come un coetaneo di nome Peter Cartwright per attirare la diciassettenne infermiera Ashleigh nella sua trappola. L’uomo inviò una serie di messaggi di testo e alla fine riuscì a organizzare un incontro con l’incauta ragazza. Al momento dell’incontro, Chapman costrinse la giovane a un rapporto sessuale dopo di che la imbavagliò e soffocò con del nastro adesivo e infine scaricò il corpo senza vita di Ashleigh in una discarica. Nel marzo del 2010, Chapman è stato condannato a un minimo di 35 anni di carcere per il rapimento, lo stupro e l’omicidio dell’adolescente inglese. Una coppia di genitori della contea metropolitana di Greater Manchester ha richiesto l’intervento della polizia dopo che un pedofilo aveva indotto il loro figlio tredicenne a inviare immagini indecenti che lo ritraevano. Nello Staffordshire, un conducente di uno scuola-bus ha utilizzato Facebook per tentare di adescare un quattordicenne. In un altro caso ancora un ex-fidanzato ha pubblicato una foto senza veli della diciassettenne che aveva troncato la relazione con lui. Secondo Jean Taylor, dell’associazione Families Fighting For Justice: ” Facebook deve rispondere di un sacco di cose. La gente ne parla come di una rete sociale ma in realtà fa più male che bene. È fin troppo facile per i pedofili postare una propria fotografia sul sito ed entrare in contatto con dei giovani. Facebook deve essere chiuso”. Un alto funzionario di polizia ha invece ricordato che “è necessario che la gente non dimentichi che la criminalità è solo una conseguenza della società in cui viviamo. Facebook è come un coltello o una macchina, non ha nulla di intrinsecamente pericoloso o criminale, ma va usato con attenzione a causa dei pericoli che possono essere associati al suo utilizzo. Tuttavia bisogna ammettere che Fb ha reso più facile commettere crimini odiosi come l’adescamento a scopo sessuale”. Nel corso di quest’anno, centinaia di criminali detenuti in carcere hanno utilizzato il sito per schernire e deridere le loro vittime. Negli ultimi due anni, le autorità carcerarie hanno scoperto 350 detenuti che postavano su Facebook, utilizzando cellulari (vietati), entrati illegalmente nelle prigioni. Alcuni dei prigionieri hanno così potuto continuare a gestire il proprio impero criminale da dietro le sbarre. Un portavoce di Fb ha parlato di un’efficace collaborazione con la polizia per assicurare alla giustizia gli autori di reati gravi che in qualche modo hanno a che fare con il sito. Inoltre ha voluto sottolineare che “proprio come i telefoni cellulari e i televisori, Facebook è parte della nostra vita” e che è diritto e dovere degli utenti del sito partecipare a renderlo sempre più sicuro.



Tutto falso. A cominciare dal nome Jarno Smeet (in realtà il burlone olandese si chiama Floris Kaayk), falsa la professione (non è un ingegnere ma un regista e animatore), inventato di sana pianta il curriculum, inesistente il prototipo di ali (Jarno/Floris aveva raccontato di averlo messo a punto partendo da disegni lasciatigli dal padre e utilizzando i sensori di movimento della Wii e un accellerometro preso da uno smartphone) e falso, ovviamente, il filmato girato in un parco dell’Aja. Kaayk, che considera la sua trovata una forma di narrazione online, ha definito inoltre il suo volo “un esperimento sui mezzi di informazione sul web”.



Si chiama SpeechJammer e riesce a spegnere chi parla troppo o a sproposito o a voce troppo alta o tediosamente. Insomma, avete mai desiderato poter interrompere con un interruttore un interlocutore noioso? Ecco, il vostro desiderio potrebbe essere esaudito. Per il momento è solo un prototipo, ma il congegno ideato dai due ricercatori giapponesi Kazutaka Kurihara del National Institute of Advanced Industrial Science and Technology, e Koji Tsukada, della Ochanomizu University in Tokyo, promette di spegnere quasi all’istante chiunque disturbi la quiete pubblica: colleghi verbosi, vicini rumorosi e molesti e logorroici interlocutori. Si basa su un apparecchio in grado di registrare la voce e restituirla attraverso un altoparlante con un leggero ritardo capace di mandare in corto circuito il logorroico di turno: nessuno riesce a continuare a parlare se sottoposto al suono della propria voce sfasata. Dunque basta puntare lo SpeechJammer nella giusta direzione ed è fatta.

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La casa editrice britannica Harper Collins ha nominato Alex Rawlings, ventenne studente della Oxford University,il giovane che parla più lingue del Regno Unito. Rawlings, di madre greca e padre inglese, parla più o meno fluentemente 11 idiomi diversi: inglese, greco, tedesco, spagnolo, russo, olandese, afrikaans, francese, ebraico, catalano e italiano. Il giovane è stato individuato nell’ambito di una ricerca (partita nel giugno scorso per promuovere i nuovi corsi di lingue) indetta dall’editore inglese. Rawlings addebita il suo multilinguismo alle sue origini”miste” e alla sua passione per i viaggi, durante i quali ama comunicare in lingua locale con le persone che incontra. Secondo un recente studio il 38 per cento degli studenti delle scuole pubbliche britanniche sta imparando una seconda lingua e l’1.9 per cento ne studia una terza. Ma in ogni caso le persone che parlano tante lingue sono piuttosto rare. E’ il caso di un altro cittadino inglese, Ray Gillon, che ne conosce ben diciotto tutte apprese a suo dire al di fuori delle scuole e delle università. Ma Alex Rawlings non si fermerà di certo a undici, infatti mentre sta perfezionando il russo nella cittadina di Yaroslavl, a trecento chilometri da Mosca, ha già in mente il prossimo idioma da apprendere: l’arabo.



Il rap è una filosofia di vita, un modo di pensare e persino di comunicare. Lo sa bene Ben Horowitz, imprenditore della Silicon Valley che tiene lezioni di business dedicate a imprenditori (o aspiranti tali) del settore tecnologico e appellandosi alle modalità di comunicazione del rap: linguaggio chiaro, coinvolgente e per nulla sibillino. Nel suo blog illustra le lezioni che prepara a tempo di rap, spiegandone l’utilizzo. Co-fondatore della start up Andreessen Horowitz insieme a Marc Andressen (a sua volta cofondatore di Netscape) propone per per esempio un modo per licenziare un manager a tempo di musica. E senza paura di fraintendimenti.



Gli Ugly Indians (indiani brutti, letteralmente) sono un gruppo di volontari della città di Bangalore che ha deciso di ripulire la propria città. Si tratta di professionisti tra i 20 e i 45 anni che desiderano rimanere anonimi e rispondono alle interviste solo via e-mail. Nell’ultimo anno si sono dedicati alla pulizia totale di ben 104 zone della città. Sulla pagina Facebook degli Ugly Indians è possibile vedere le condizioni delle strade di Bangalore prima e dopo l’intervento dei volontari.