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11september
L’iniziativa è del compositore Jake Heggie, musicista che ha deciso di trasformare le storie delle vite perse nel tragico attentato in canzoni, per commemorare la triste ricorrenza. “Here/after (songs of lost voices)” : questo sarà il titolo del nuovo album che arriva ben dodici anni dopo quel giorno, convertendo tante storie in canzoni. Una delle canzoi si chiama Pieces of 9/11 e come spiega lo stesso compositore converte alcune storie di vita in una musica struggente. Che forse, senza sapere i pezzi di storia che si nascondono dietro, non sarebbe così struggente.



Austin Weirschke di New York ha vinto cinquantamila dollari per avere superato otto turni di gara basati sulla velocità di scrittura dei messaggi al cellulare. Nel corso della competizione, finanziata da LG Electronics, gli undici concorrenti si sono sfidati messaggiando bendati e scrivendo con le mani dietro la schiena.



L’idea è del comico newyorchese Scott Rogowsky che evidentemente stanco di essere fermato per strada con la richiesta di sottoscrivere petizioni ne ha ideato una per mettere fine al fenomeno. “Hai un momento per impedire a persone come me di chiederti se hai un momento?” chiede in un video l’uomo ai passanti.



Tao Porchon-Lynch insegna yoga quattro giorni alla settimana ad Hartsdale (New York). Il Guinness World Record le ha consegnato il titolo di istruttrice più anziana nei giorni scorsi e la signora ha commentato il riconoscimento sostenendo di amare lo yoga “poichè rende i miei giorni luminosi e dona il sorriso agli altri”. La donna quando non è impegnata con la sua amata disciplina orientale si dedica al ballo e a guidare tour del vino nello Stato di New York.



Il museo parigino è risultato al primo posto nel 2011 per numero di visitatori nel sondaggio annuale di Art Newspaper. 8 milioni e ottocentottantamila persone hanno potuto ammirare le opere d’arte esposte nel più famoso dei musei della capitale francese. Nelle posizioni immediatamente successive si trovano il Metropolitan Museum Of Art di New York e il londinese British Museum. Il Louvre guida questa particolare graduatoria dal 2007 e secondo l’editore di Art Newspaper, Javier Pes, il dominio è dovuto alla presenza nelle sue sale, tra gli altri tesori artistici, della Mona Lisa di Leonardo Da Vinci.
I 10 musei più visitati nel 2011
1- Louvre Parigi 8.880.00
2- Metropolitan Museum of Art New York 6.004.254
3- British Museum Londra 5.848.534
4- National Gallery Londra 5.253.216
5- Tate Modern Londra 4.802.287
6- National Gallery of Art Washington DC 4.392.252
7- National Palace Museum Taipei 3.849.577
8- Centre Pompidou Parigi 3.613.076
9- National Museum of Korea Seul 3.239.549
10- Musée d’Orsay Parigi 3.154.000



Times Square, situata all’intersezione tra Broadway e la 7th Avenue è, al pari della Statua della Libertà e del ponte di Brooklyn, uno dei simboli della Big Apple. Ogni capodanno centinaia di migliaia di newyorchesi si ritrovano ad attendere la mezzanotte, e la relativa discesa della grande sfera, proprio a Times Square (dove si svolsero anche i festteggiamenti per la fine della seconda guerra mondiale). Quest’anno, per allietare i passanti appassionati di videogiochi di guida e procurarsi un bel po’ di pubblicità, Hyundai ha lanciato “Hyundai Race” che si può giocare sui maxischermi che caratterizzano Times Square, utilizzando come controller il proprio smartphone. E’sufficiente infatti scaricare l’apposita app, installarla, connettersi alla rete wi-fi e ci si ritroverà alla guida di un’auto, pronti a competere con altri, sotto gli occhi di migliaia di persone. Usando il proprio cellulare come un volante è possibile sfidare gli altri concorrenti e, al termine della gara, sui maxischermi compariranno il punteggio realizzato e la classifica generale. Per chi non avesse modo di recarsi a New York per sperimentare l’originale iniziativa è comunque possibile scaricare l’applicazione gratuita per iPhone, iPod o iPad.

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Chi, durante le prossime festività, si dovesse sentire stanco, assonnato o avesse difficoltà a respirare potrebbe soffrire di una particolare condizione strettamente collegata a uno dei principali simboli natalizi: la sindrome dell’albero di Natale. I ricercatori della Upstate Medical University di New York hanno individuato infatti proprio nell’albero un possibile nemico della nostra salute. Lo studio è stato approntato dopo che gli scienziati americani hanno rilevato un picco di malattie respiratorie nelle due settimane attorno al 25 dicembre. Il team statunitense ha esaminato 28 campioni provenienti da altrettanti alberi e tra rami, aghi e corteccia ha scovato ben 58 tipi di muffe diverse. Di queste il 70 per cento può causare sintomi come prurito al naso, lacrimazione, tosse, affanno, dolori al petto, sinusite, senso di affaticamento e problemi di sonno. A lungo termine, alcune tra le muffe esaminate possono provocare problemi polmonari, favorendo patologie come la bronchite e la polmonite. Le muffe “abitano” normalmente gli alberi, ma prosperano enormemente se la pianta si trova, anziché in una foresta, in una casa ben riscaldata. Lo studio americano, pubblicato su Annals of Allergy, Asthma and Immunology, ha citato anche un’altra ricerca che precedentemente aveva dimostrato come fossero sufficienti due settimane perché il numero delle spore delle muffe disperse in 35 metri cubi di aria passasse da ottocento a cinquemila. Lawrence Kurlandsky, che ha guidato la ricerca, ha dichiarato di avere personalmente trattato pazienti i cui sintomi mostravano una chiara connessione con l’albero di Natale. “Ai miei pazienti spiego che ci sono luoghi più belli dove trovarsi alla vigilia di Natale che uno studio medico e che forse è meglio lasciar perdere l’albero o comperarne uno artificiale.” A chi proprio non può fare a meno di palline e festoni, il dottor Kurlandsky propone due semplici suggerimenti: primo, lasciare l’albero all’aperto per farlo asciugare prima di portarlo in casa e, secondo, rimuoverlo rapidamente dopo il giorno di Natale, senza aspettare l’Epifania.



Non era stata progettata esattamente per questo scopo, ma Thomas Metz ha usato l’applicazione per iPhone “Find My Friends” (serve, come si capisce dal nome, per rintracciare la posizione dei propri amici) per smascherare il tradimento della moglie. E’ accaduto a New York e come ha raccontato l’uomo sul sito web MacRumor: “Avevo appena regalato a mia moglie un nuovo iPhone 4s. A sua insaputa ho installato Find My Friends e così quando lei mi ha detto di essere a casa di un’amica sulla Decima strada, l’ho ritrovata nell’Upper East Side dove si trovava, come sospettavo, con un tizio. Quando meno se lo aspettava Find My Friends l’ha beccata. Le ho mandato un sms chiedendole dove fosse e quella stupida troia ha detto di essere sulla Decima. Grazie Apple, grazie App Store, grazie a tutti. Le istantanee della mappa di Find My Friends saranno una buona arma quando incontrerò mia moglie nell’ufficio del suo avvocato”. Contento lui. Piccolo post scriptum: in molti credono che si tratti di una fandonia anche se Thomas Metz ( che non ha rilasciato dichiarazioni) ha postato gli screenshot dei messaggi scambiati con la moglie e l’immagine del luogo nel quale Find My Friends l’ha rintracciata.

11 Settembre 2001/2011



L’undici settembre 2001 morirono 2753 persone nel crollo del World Trade Center . Di queste 60 erano poliziotti e ben 343 pompieri. Nella cittadina operaia di Babylon, a pochi chilometri da New York, vive John Vigiano, ex marine e capitano del Fire Department di New York ormai in pensione. Lui e la moglie Janette hanno perso due figli nell’attentato terroristico più famoso della storia. Joseph (36 anni), detective del dipartimento di polizia e John II (34), pompiere, entrambi di stanza a New York. Subito dopo l’attentato, i due fratelli, ciascuno con i propri colleghi, è partito alla volta del Wtc per partecipare alle operazioni di emergenza. Il padre e uno dei due figli, Joseph, si sono parlati al telefono mentre quest’ultimo si stava portando sul luogo del disastro. Di recente il capitano Vigiano ha raccontato quell’ultima, banale, ma per lui indimenticabile, chiamata che iniziò con il classico “Dove sei?”. “Sono sulla Westside Highway, stiamo andando al World Trade Center. – rispose Joseph – Un aereo si è appena schiantato sulle Twin Towers”.”Sì, l’ho sentito in televisione. Sembra che sia un Piper”. “No, papà, non è un Piper è un aereo grande. Basta vedere il volume di fumo”. “Allora, stai attento – disse concludendo la telefonata il padre- Ti voglio bene”. Anch’io ti voglio bene, papà” e poi più nulla, solo un corpo da seppellire (quello di John II non è mai stato ritrovato). Al termine della chiamata John Vigiano è uscito, è andato in banca e, una volta tornato a casa, ha sentito un giornalista dire che le Torri erano crollate. L’uomo ha pensato “i soliti giornalisti. I grattacieli così non crollano. Non crollano mai”. Purtoppo le cose sono andate come è noto e oggi, a dieci anni dal giorno che ha cambiato il mondo, il padre di Joseph e John lamenta che il tempo passato non ha lenito il dolore anzi è costretto ad ammettere amaramente che le cose sono perfino peggiorate. Nel corso di una toccante intervista rilasciata a Raitre (sulla quale domenica 4 settembre è andato in onda il documentario “Undici settembre dieci anni dopo”) il capitano Vigiano ha raccontato la sua convivenza con il terribile dolore, svelandone gli effetti quotidiani. “Le feste per noi non hanno alcun senso. Nessun senso. Sa qual’è il giorno peggiore della mia vita? – ha chiesto all’intervistatore -A parte l’undici settembre è la Festa del papà. Non ho neanche più voglia di stare in mezzo alla gente. Cerco di evitare le altre persone. Tuttavia – ha proseguito – se ci sono i giorni tristi, io e mia moglie non vogliamo essere un peso per tutti. Molti pensano che ci sia una sorta di orologio e che una volta superata una certa soglia le cose comincino ad andare meglio. Ma non vanno affatto meglio”. Questa è soltanto una delle migliaia di storie di dolore e di vite irrimediabilmente cambiate dopo quel tragico giorno e ricordarla significa onorare ciascuna delle vittime. Sia quelle che persero la vita che quelle che sopravvissero. Come il capitano John Vigiano.



La propensione ad alterarsi inizia presto, troppo presto, perlomeno tra gli studenti americani che si abituano già da giovanissimi a vivere perennemente sballati, tra droghe e alcol. Mentre i più tranquilli iniziano comunque a fumare poco dopo la fine dell’infanzia. Quasi la metà degli studenti dei licei americani infatti fuma, beve alcolici o fa uso di stupefacenti. A sostenerlo è una ricerca del National Center on Addiction and Substance Abuse (CASA) della Columbia University di New York. Inoltre uno su quattro, tra coloro che hanno iniziato ad usare queste sostanze prima di avere compiuto diciotto anni, è destinato a sviluppare una dipendenza. “Mi ha sorpreso la prevalenza di disturbi da uso di sostanze tra i giovani,” ha detto l’autrice dello studio Susan E. Foster, che sostiene anche che la ricerca conceda l’opportunità ai genitori di intervenire e di evitare la dipendenza. “E’ necessario fare tutto il possibile per fare attraversare ai giovani la loro adolescenza senza l’uso di droghe o alcool,” sostiene Foster “Per ogni anno nel quale non ne fanno uso, si riduce sensibilmente il rischio di conseguenze negative, come la dipendenza”.
Secondo le informazioni citate nella ricerca:
Dieci milioni o il 75% degli studenti delle scuole superiori ha provato tabacco, alcol, marijuana o cocaina; e uno su cinque di questi presenta i segni clinici della dipendenza.
Sono 6,1 milioni ( il 46% degli studenti delle scuole superiori) coloro che attualmente utilizzano sostanze che danno dipendenza e uno su tre è assuefatto.
Tra gli studenti delle scuole superiori negli Stati Uniti le sostanze più diffuse sono alcol, sigarette e marijuana.
I risultati si basano su indagini condotte su 1000 studenti delle scuole superiori, 1.000 genitori di studenti delle scuole superiori e 500 insegnanti, unitamente ad interviste a esperti, focus group e una revisione di 2.000 articoli scientifici.