Il norvegese Terje Isungset ha suonato in concerti che si tenevano al di sotto di cascate ghiacciate e sulle cime di montagne innevate alte fino a tremila metri ma anche nei palazzetti dove si pratica l’hockey. Il tutto con temperature che arrivavano fino a -33 gradi. Isungset, quarantasei anni, è l’unico uomo al mondo a suonare strumenti interamente costruiti con il ghiaccio. Intorno ai vent’anni Terje, allora percussionista tradizionale, venne invitato a suonare sotto la volta formata dalle acque ghiacciate di una cascata. “Ho deciso allora di comporre la mia musica attraverso la natura che mi circondava e ho provato a usare strumenti di ghiaccio”, ricorda l’ice-musician. Isungset ha iniziato utilizzando normali candelotti di ghiaccio come piccole campane ma da allora la sua strumentazione si è molto arricchita e oggi comprende tamburi, strumenti a fiato e a corda, tutti rigorosamente di ghiaccio. Ma oltre a suonarli Terje Isungset provvede anche a costruirli sebbene con l’aiuto di qualche conoscente “ho sfidato alcuni miei amici a provare a realizzare alcune delle mie idee con il ghiaccio – racconta ancora Isungset – ho fatto chitarre, marimbas, un iceridoo (una versione surgelata dello strumento tradizionale degli aborigeni australiani) e un langleik (antico strumento a corda norvegese), tutti solo e soltanto con il ghiaccio”. Isungset, fondatore del Ice Music Festival di Geilo in Norvegia, utilizza soltanto ghiaccio formatosi naturalmente. Per fare i suoi strumenti predilige blocchi di ghiaccio che vengono prelevati dai laghi montani gelati della fredda Norvegia invernale. Ma tutta la strumentazione di Isungset è soggetta a un rapido deterioramento, vista la naturale tendenza a sciogliersi del ghiaccio. Il fiore all’occhiello del sorprendente musicista nord-europeo è un corno che ha retto per cinquanta esecuzioni delle partiture di Isungset. Una delle difficoltà maggiori da affrontare per il polistrumentista e compositore è che non può provare gli strumenti che userà nei concerti, per non rischiare di rovinarli prima dell’esibizione, “ogni concerto è unico – conclude il quarantaseienne norvegese – ed è la natura a stabilire la mia esecuzione e il tipo di suono che gli strumenti avranno quel giorno”.