Shahla Jahed aveva trentacinque anni e ieri è stata impiccata poichè ritenuta responsabile dell’omicidio di Laleh Saharkhizan, moglie del calciatore della nazionale iraniana di calcio degli anni ’80 Nasser Mohammed-Khani, del quale Shahla era stata a lungo amante. A differenza della sollevazione mondiale che si è scatenata attorno alla condanna di Sakineh, per Shahla sono stati in pochi a farsi avanti in sua difesa. Amnesty International, il giorno prima dell’esecuzione, ha inoltrato un ultimo disperato appello al governo iraniano per chiedere che fosse risparmiata la vita della ragazza. Dal 2004 Shahla Jahed si è sempre professata innocente e ha dichiarato di avere confessato l’omicidio della rivale in amore solo perchè sottoposta a pressioni fisiche e psicologiche da parte degli inquirenti. Nel corso del processo la giovane iraniana ha dato dimostrazione di un carattere forte e orgoglioso, replicando seccamente alle accuse e alle insinuazioni che le venivano rivolte. In aula, Shahla ha pianto e urlato la propria innocenza, ha svelato di avere comprato stupefacenti per Nasser (del quale aveva raccontato i problemi con la droga nel suo diario, acquisito tra gli atti processuali) soltanto due volte e ha ammesso di sentirsi responsabile di un solo omicidio: l’aborto del figlio che aspettava dal calciatore. In un video girato durante il processo è possibile vedere la giovane che sussurra all’ex-amante seduto poco distante : “Ma io ti amo ancora” e ascoltare la rabbiosa poesia che la giovane ha dedicato al suo amore perduto. La sentenza eseguita ieri è macchiata da aspetti oscuri che i giudici iraniani non hanno voluto prendere in considerazione. Per esempio, nel bagno della casa della donna assassinata è stato ritrovato un asciugamano bagnato, come se qualcuno avesse fatto una doccia e su un tampone vaginale della moglie tradita sono state ritrovate tracce di sperma maschile. Inoltre le 37 ferite rilevate sul cadavere di Laleh Saharkhizan mostrano una notevole discrepanza con lo svolgimento dell’omicidio così come ricostruito da Shahla nella sua confessione e, secondo molti, il tipo di coltello e la gravità delle ferite sono incompatibili con l’azione di una donna.